“Nessuno è al di sopra della legge, neanche il presidente degli Stati Uniti”. Lo ha detto, questa volta con una certa lucidità, Joe Biden alla Casa Bianca. “La sentenza della Corte suprema è un pericoloso precedente”, ha aggiunto il presidente americano a proposito della decisione sull’immunità per Donald Trump. “Gli americani devono decidere se è accettabile che” il tycoon “abbia incoraggiato la violenza per mantenere il potere”, ha sottolineato Biden riferendosi all’assalto al Congresso americano del 6 gennaio del 2021. “Gli americani meritano che il processo a Trump si svolga prima delle elezioni”, secondo il presidente Usa.
Per Trump un successo dietro l’altro
Donald Trump è in un momento di grazia e dopo aver schiacciato Joe Biden nel primo dibattito televisivo inanella un’altra importantissima vittoria: per la prima volta dalla fondazione degli Stati Uniti nel XVIII secolo, la Corte Suprema ha dichiarato che gli ex presidenti possono essere protetti da accuse penali negli atti ufficiali.
La prima conseguenza di una decisione che avrà ripercussioni non solo sulla sorte del tycoon ma negli anni a venire è che il processo per il tentativo di sovvertire il risultato delle elezioni del 2020 slitterà, quasi sicuramente, a dopo l’election day. Proprio quello a cui puntavano Trump e i suoi avvocati. “Grande vittoria per la nostra costituzione e la democrazia. Orgoglioso di essere americano!”, ha subito esultato The Donald, che è riuscito a portare a casa questo risultato fondamentale anche grazie alla maggioranza di giudici conservatori (sei su nove) da lui nominati nel massimo tribunale Usa.
Le reazioni dei giudici
Dura, invece, la reazione delle tre giudici liberal – Sonia Sotomayor, Elena Kagan e Ketanji Brown Jackson – che hanno criticato aspramente la sentenza. “I padri fondatori non l’avrebbero appoggiata, la nostra Costituzione non protegge il presidente”, ha dichiarato Sotomayor esprimendo il suo dissenso. “Questa sentenza rende il presidente un re al di sopra della legge”, ha avvertito.
Ora il caso torna nelle mani della giudice di Washington, Tanya Chutkan, che dovrà decidere se una parte delle accuse mosse dal procuratore speciale Jack Smith deve essere archiviata sulla base della distinzione dei saggi tra azioni decise nei poteri costituzionali del presidente, e quindi ufficiali, e azioni intraprese nella sua capacità privata.
Non solo, se l’ex presidente dovesse vincere le elezioni il 5 novembre potrebbe anche imporre al dipartimento di Giustizia di archiviare il procedimento e lasciar cadere le accuse, come potrebbe concedersi la grazia. Galvanizzato da questa vittoria – che arriva in un momento cruciale della campagna con la convention repubblicana e la sentenza di condanna per il caso dei pagamenti alla pornostar Stormy Daniels tra dieci giorni – il tycoon chiede “la fine della caccia alla streghe” per tutti gli altri casi che lo riguardano. Sul fronte democratico l’atmosfera non potrebbe essere più diversa. Nonostante il tentativo di ostentare tranquillità con una copertina sulla più patinata delle riviste americane, Vogue, la famiglia Biden sta vivendo le sue ore più buie tra accuse e scelte difficili.